lunedì 27 giugno 2011

MAURO LIKAR LIBERTA' INDOEUROPEA di Luca Cancelliere




LIBERTA' INDOEUROPEA

L’iconografia classica della libertà, raffigurata come divinità femminile coronata e togata, prende le mosse dall’istituzione del culto di Libertas, promossa nel 238 a.e.v. da Tiberio Gracco con la costruzione del primo tempio sull’Aventino. Significativo punto di svolta, ad opera di un tribuno della plebe di cui in questa sede occorre ricordare il nobile tentativo di costruzione di una Repubblica “nazional-popolare” (ci venga perdonato il termine) di “contadini-soldati”. Ma allo stesso tempo, nella “consecratio” del 238, significativamente avvenuta sul colle “plebeo” di Roma, si intravedono anche i primi segni dell’inversione di senso del concetto che lentamente, dai primordi indoeuropei fino ai tempi moderni, porta fino all’idea “moderna”, “emancipata” e “democratica” di libertà all’immagine significativa della monumentale statua dell’isolotto sul fiume Hudson. Cos’era invece, per i progenitori Arii, la libertà? Come si è potuti arrivare alla moderna idea di libertà?Nelle Monarchie dell’antico Oriente, come è noto, il sovrano era il padrone assoluto dei propri sudditi. Gli stessi ministri e dignitari della corona erano considerati servitori del sovrano. Così era nel mondo assiro-babilonese, siriaco, egiziano. Alcune limitazioni sono presenti in Egitto primariamente grazie al forte influsso del culto di Maat, la Giustizia, intesa altresì come limite al potere sovrano; evidente retaggio di influssi razziali atlantico-occidentali all’interno di una popolazione prevalentemente camitica. Tra le stirpi semitiche nomadi, allo stesso modo, il rapporto tra gli uomini e la Divinità è quello di un’assoluta subordinazione dei primi a un Dio geloso e possessivo.

Così Baal presso le genti siriache, così Jahvé, originariamente figura minore di divinità lunare nel pantheon cananeo delle origini, poi Dio unico ed esclusivo geloso del patto con il proprio popolo, “Signore Iddio”, “Adonai Elohim”. A suo tempo il buon Evola, sulla scorta del Clauss, correttamente attribuì questa concezione religiosa a un tipo umano partecipe delle “razze dello spirito” “desertica” e “demetrico-lunare”, pronunciandosi a favore del Dio “aristocratico dei Romani, il Dio dei patrizi, che si prega in piedi e a fronte alta, e che si porta alla testa delle legioni vittoriose – non il patrono dei miserabili e degli afflitti che si implora ai piedi del crocifisso, nella disfatta di tutto il proprio animo”. Affermazioni, quelle dell’Evola di “Imperialismo Pagano”, che pur avendo un effettivo riscontro nella situazione di fatto del cristianesimo delle origini, non tengono conto della concezione bizantina del “Cristo Pantocratore”, di quella occidentale del “Cristo Re” e della croce come “Axis Mundi”, come di altre figure come quella di Michele Arcangelo, solo per ricordarne una; ma la concezione regale non è assente neanche nell’Antico Testamento, da Melchisedec in poi. Si tratta di vere e proprie reviviscenze arie all’interno di un sistema religioso di provenienza allogena, ma riplasmato e rivivificato “a proprio uso e consumo” dalle genti d’Europa. Comunque, la distinzione è posta: il mondo indoeuropeo, sin dalle origini, risulta essere il terreno di elezione del concetto stesso di libertà. Hegel, con con una nota semplificazione, nella sua ossessione triadica identificò le tre fasi storiche interne allo sviluppo dello Spirito Oggettivo, e in particolare dell’idea di Stato, in questi termini: “Negli Stati orientali la libertà è di uno solo, poi negli Stati greco – romani la libertà appartiene a pochi (il Senato, l’aristocrazia), è solo nello Stato tedesco che da Lutero in poi la libertà appartiene a tutti”. Quindi, per Hegel, è nel mondo germanico, a torto o a ragione identificato da buona parte del pensiero romantico prima, razzista, poi, come la quintessenza dello spirito ario, che maggiormente risplende il concetto di libertà. Il supposto primato germanico, come idea di principio, per noi “Romano-Italici” non è accettabile, per l’ovvia considerazione che identificare l’Indoeuropeo tipico con il Germano è un’abissale stortura che non tiene conto che le più fulgide civiltà indoeuropee, da Roma all’Ellade, dall’Iran all’India, si sono sviluppate in un arco spaziale che va dal Mediterraneo alle sponde del Gange. L’esaltazione della figura di Lutero, presentato come eroe nazionale tedesco ma in realtà veicolo di influenze spirituali semitiche e promotore del ritorno allo spirito vetero-testamentario della “Legge”: “Un monaco tedesco, Lutero, giunse a Roma. Questo monaco, con tutti gli istinti vendicativi di un sacerdote malriuscito, a Roma si ribellò contro il Rinascimento (…) Ah questi tedeschi, quanto ci sono costati! (…) Hanno sulla coscienza pure la forma di cristianesimo più disonesta, più inconfutabile che esista: il protestantesimo...”.


Tuttavia, bisogna rendere merito a Hegel di avere intuito un aspetto indubbiamente centrale nella questione, ovvero che dal mondo indo-europeo, da lui identificato in modo errato e parziale con il solo mondo germanico, germoglia l’idea di libertà. La radice del termine libertà nelle lingue indoeuropee deriva dal proto-indoeuropeo “Leudh” (da cui il greco “Eleutherìa” e il latino “Libertas”) o “Frya” (da cui l’omonima parola sanscrita, nonché l’inglese “Freedom” e il tedesco “Freiheit”). Dalle stesse radici, osserva Emile Benveniste, derivano parole quali le tedesche “lieben” (amare) nel primo caso e “Freund” (amico) nel secondo, a sottolineare che il concetto di libertà ha a che fare con la partecipazione a una comunità, a un destino comune. Allo stesso modo, è “ingenuus” colui che è stato “generato” libero, cioè in buona sostanza chi può vantare una continuità di stirpe, un lignaggio, a rimarcare la concezione aristocratica della libertà. Si noti anche, in questo caso, l’inversione demonica della parola nel mondo moderno. “Ingenuo” nell’odierna lingua italiana, è stato degradato a sinonimo di “inesperto”, “sprovveduto”, credulone”. Ricordiamoci di quanto scrive Giovenale nella sua Satira III: “Una Roma ingrecata non posso soffrirla, Quiriti; ma quanto vi sia di acheo in questa feccia bisogna chiederselo. Ormai da tempo l'Oronte di Siria sfocia nel Tevere e con sé rovescia idiomi, costumi, flautisti, arpe oblique, tamburelli esotici e le sue ragazze costrette a battere nel circo”. Dietro il rovesciamento di senso della parola “ingenuus”, si intravede una realtà di tipo etnico-culturale, ben descritta dal poeta latino. L’afflusso massiccio di Levantini furbi e intriganti contribuisce a creare una società in cui ormai il denaro, ottenuto quasi sempre con macchinazioni, menzogne e raggiri, è l’unico metro del prestigio sociale. Per cui sono considerati “inesperti”, “sprovveduti” e “creduloni” coloro che, per fedeltà al proprio sangue, ancora osservano l’antico stile romano-italico della parola data, dell’onore, del rispetto. Più tardi, è proprio dallo svilimento mercantile della sfera del politico nella società moderna che deriva l’inversione dei valori, da cui discende il decadimento del vero concetto di Libertà, che va di pari passo con il decadimento dell’idea del vero Stato. Nell’antico mondo indoeuropeo, invece, l’esercizio della libertà era tutt’uno con la preservazione dell’integrità etnica. Si pensi agli “Omoioi” (uguali) di Sparta, alla stessa democrazia ellenica, al Civis romano, alla Sippe germanica e agli Arimanni “uomini liberi” dei Longobardi. 


La libertà, la partecipazione alla gestione della vita della Comunità e dello Stato, assumeva il connotato pubblicistico e sacrale del dovere e del “munus” piuttosto che quello individualistico e arbitrario del “diritto”. Dovere ereditato attraverso il retaggio gentilizio del sangue. Attraverso i secoli, si pensi all’orgoglioso concetto di libertà dei comuni italiani e delle repubbliche marinare del Medio Evo, dove la fondazione delle libertà comunali va di pari passo con il recupero delle antiche tradizioni latine e romane, come emerge dal nome tipico di “Consoli” attribuito alle massime cariche della Città-Stato. Ciò a prescindere dalla strumentalizzazione che di tale libertà civica fece il complotto guelfo-mercantile contro la legittima autorità imperiale. Si pensi all’esperienza dei civilissimi giudicati sardi e all’epopea di Eleonora d’Arborea, che intorno al 1400 emanò il codice di leggi detto “Carta de Logu” e difese eroicamente la libertà della Sardegna contro l’invasore iberico. Si rammentino le orgogliose lotte per la libertà nazionale dei popoli balcanici contro l’invasore turco, dai Romeni di Vlad ai Serbi, agli Albanesi (oggi tragicamente divisi, ma un tempo uniti sotto il regno di Stefano Dusan “Zar dei Serbi, dei Greci, degli Albanesi e dei Bulgari”), fino alla tragica ed eroica fine di Lazar a Kosovo Polje. Si pensi all’epopea russa di Dmitry Donskoj. Si pensi all’uso più tardo nel mondo germanico, fino al secolo scorso, del titolo di “Freiherr” (libero signore) per identificare gli esponenti dell’aristocrazia, vivaio delle Forze Armate e dell’ufficialità germanica. Si ricordi infine che la libertà per cui combatterono gli uomini del nostro Risorgimento era quella della Patria. Ricorda Giovanni Gentile che nessuno di loro, da Mazzini a Cavour a Ricasoli, “si fece mai scrupolo di anteporre la patria all'idolo della libertà”. Come ricorda Adriano Romualdi, “non col grido "viva il suffragio universale" ma quello di "Roma o morte" partirono le squadre di Garibaldi”. Fu quella la libertà nazionale necessaria alla nascita di una nuova Roma e di una più grande Italia, che costruirà il proprio impero coloniale, trionferà a Vittorio Veneto nel novembre del 1918 e a Roma nell’ottobre del 1922 e solo nel 1945 cederà ai profeti armati della falsa libertà, quella che ancora oggi ci tiene sotto il tallone dei banchieri e degli usurai e delle loro basi NATO.Questa è la vera libertà indoeuropea, non quella dei pensatori liberali, illuministi e democratici: non è quella di Locke o di Voltaire, né quella di Kant, di Mirabeau, di Constant, di Wilson o di Hayek. La vera libertà è un dovere e non è un diritto; è disciplina e non è arbitrio; è distinzione e non è mescolanza; è comunitarismo e non è individualismo; è organicismo e non è contrattualismo; è Stato e non è disordine; è stile e non è conformismo. E’ capacità di tenere la schiena diritta e di non piegarsi mai, nemmeno quando conviene.

LUCA CANCELLIERE

sabato 4 giugno 2011

MAURO LIKAR ALCUNE PRECISAZIONI STORICHE DI EMILIO GIULIANA SUL GENOCIDIO ARMENO

 

MAURO LIKAR



Alcune precisazioni storiche sul genocidio Armeno


Pubblicato da Admin il venerdì, giugno 03, 2011

di Emilio Giuliana

In un umido 2 giugno trentino, mi sono soffermato ad approfondire un articolo pubblicato su di un quotidiano locale, che  argomentava in merito, alla necessità della memoria storica, non impedendo però, la libertà di pensiero. Il pezzo scritto da Manuela Pellanda, prende spunto da una conferenza tenuta presso la Facoltà di Giurisprudenza di Trento,  alla quale hanno partecipato come relatori,  Siobhan Nashmarhall, docente di filosofia al Manhattanville college, la scrittrice Antonia Arslan e il professor Andrea Pugiotto, docente di Diritto  costituzionale presso l’Università di Ferrara.

 
L’articolo riporta delle affermazioni condivisibili, come ad esempio il pensiero del professor Pugiotto, quando asserisce che:
non è né col codice penale né con i “giorni della memoria” che si fa fronte alla pulsione a ripetere gli errori del passato o addirittura farne l’apologia. Per quanto non sovrapponibili, la negazione e la ritualizzazione retorica si rivelano due modi opposti di abusare della memoria
Posizione condivisa dalla scrittrice Arslan.

La scrittrice Arslan, prendendo spunto dal tema per la quale è stata invitata a partecipare, rilancia sulla  spinosa questione del genocidio armeno. Genocidio scomodo, declassato, snobbato o se tirato in ballo trattato con superficiale indifferenza. La scrittrice argomenta sull’ignobile sterminio, con dovizia di particolari molto interessanti, come ad esempio quando mette in evidenza Henry Morgenthau senior (padre di Henry Mergenthau jr, già Segretario del Tesoro degli Stati Uniti durante la presidenza di Franklin D. Roosevelt, passato alla storia perché ideatore del famoso quanto inumano “piano Morgenthau”, con il quale inflisse ai tedeschi civili reduci dalla apocalittica seconda guerra mondiale, delle sanzioni mostruose, tant’è che indusse Il ministro della Guerra americano Stimson a dire: 


Devo ancora incontrare un uomo che non sia stato terrificato dall’atteggiamento Cartaginese del Ministro del Tesoro. Si tratta di Semitismo divenuto selvaggio per vendetta e lascerà i semi di un’altra guerra nella prossima generazione
Ambasciatore americano di origine ebraica a Costantinopoli, che come altri ebrei, cercò di proteggere gli Armeni dal massacro! Al particolare messo in risalto dalla Arslan, vanno aggiunte altre peculiarità poco note. Ad esempio, quando si parla di genocidio Armeno, si colpevolizzano i turchi (pensando agli islamici), ma questa equazione è scorretta, in quanto i fanatici fautori che capeggiarono ed alimentarono il massacro armeno erano turchi di dato ma non di fatto. 
Del genocidio degli armeni non è colpevole - come ripete la disinformazione - l'impero Ottomano. Quando avvenne, tra il 1915 e il 1918, l'imperatore ottomano, il sultano Abdul Ahmid era stato esautorato, e si trovava agli arresti domiciliari a Salonicco, «nella residenza dei banchieri ebreo- italiani del Comitato Unione e Progresso», come scrisse Sir Gerard Lowther, l'ambasciatore britannico presso la Gran Porta, nella sua relazione al Foreign Office del 29 maggio 1910. I banchieri ebreo-italiani erano i dirigenti della Banca Commerciale Italiana, probabilmente il capo della filiale di Venezia e Trieste, quel Toeplitz ebreo- polacco, e del suo maneggione in Turchia, il futuro «conte» Volpi di Misurata.
Quanto al Comitato Unione e Progresso di cui parla Lowther, era la giunta militare che aveva preso il potere mettendo agli arresti il legittimo monarca. Si tratta dei Giovani Turchi, i quali turchi non sono, precisa l'ambasciatore: vengono tutti da Salonicco, «che conta una popolazione di 140 mila abitanti, di cui 80 mila sono ebrei spagnoli (espulsi dalla Spagna nel '500), e 20 mila della setta di Sabbatai Zevi o cripto-giudei, che professano esternamente l'Islam. Molti di questi ultimi hanno acquisito la nazionalità italiana e sono affiliati a logge massoniche italiane. 
Ernesto Nathan, il sindaco ebraico di Roma, è un alto grado della Massoneria, e i primi ministri ebrei (Sidney) Sonnino e (Luigi) Luzzatti, come altri senatori e deputati ebrei, sembra siano parimenti massoni». 
L'ambasciatore fa i nomi dei capi della giunta golpista: «(D)Javid Bey, deputato per Salonicco, un astutissimo cripo-giudeo e massone, ministro delle Finanze, mentre Talaat Bey, altro massone, è diventato ministro degli Interni (...). Il dottor Nazim, uno dei membri più influenti del Comitato di Salonicco e di cui si dice che sia di origine ebraica, in compagnia di un certo Faik Bey Toledo, cripto-giudeo di Salonicco», nonché il direttore di «l'Aurore, un giornale sionista aperto un anno fa a Costantinopoli, (che) non si stanca mai di ricordare ai suoi lettori che il dominio dell'Egitto, la terra dei Faraoni che obbligarono gli ebrei a costruire le piramidi, è parte della futura eredità di Israele». 
Di un altro giornale appositamente creato, «Le Jeune Turc», era fondatore e direttore Vladimir Yabotinski, il capo della destra sionista fanatica, accorso da Odessa per dare manforte ai Giovani Turchi. Scrive Lowther: «L'ispirazione del movimento di Salonicco sembra essere stato soprattutto ebraico (...). Carasso ha cominciato a giocare una parte importante (...) è notato che ebrei di ogni colore, locali e stranieri, sono sostenitori entusiasti del nuovo governo; fino al punto, come un turco mi ha detto, che ogni ebreo sembra diventato una spia potenziale dell'occulto Comitato (Unione e Progresso)». 
E' questa la giunta che ha sterminato gli armeni, macchiandosi di atrocità e crudeltà mai viste prima nella storia. Ma perchè, domanda il disinformato, gli ebrei e i dunmeh turchi (i seguaci del falso messia Sabbatai Zevi) avrebbero voluto uccidere la minoranza armena nell'impero ottomano? La risposta è nella Enciclopédia Judaica edizione 1971, volume 3, colonne 472-476. 
Alla voce «Armennia», si legge: «L'Armenia è anche chiamata Amalek, e gli ebrei spesso si riferiscono agli armeni come ad Amaleciti».E la Universal Jewish Enciclopédia, New York, 1939, alla voce Armenia è ancora più precisa: «Siccome gli armeni sono considerati discendenti degli Amaleciti, essi sono anche chiamati, fra gli ebrei d'Oriente anche Timheh' (che significa 'sarai cancellato', come in Deuteronomio 25:19, riferito agli Amaleciti». «Amalek», nella Torah (Genesi, 36,9-12) è il mitico popolo nemico di Israele, che per ordine di YHVH viene sterminato fino all'ultimo uomo. 
Una delle tante fantasia genocide degli estensori sacerdotali della Bibbia: in realtà, l'antico popolo di Giuda non ebbe mai la forza di compiere tanti stermini; si limitava ad immaginarli. Sotto la giunta dei cosiddetti Giovani Turchi, la loro fantasia potè diventare realtà. Prima gli uomini armeni tra i 16 e i 45 anni furono arruolati nell'esercito, assegnati a battaglioni logistici - disarmati - e massacrati. Poi ci si occupò di donne, vecchi e bambini. Uccisi per abbruciamento, per annegamento nel Mar Nero, per inoculazione di tifo o con iniezioni di morfina. Avviati nel deserto della Siria in «marce della morte», alla mercè di bande curde che violentavano le ragazze e i bambini, rapinavano, brutalizzavano gli altri.
Quelle marce che finivano nel nulla riducevano i superstiti a scheletri ambulanti, che cadevano morti di fame e di percosse. Il New York Times scriveva il 18 agosto 1915: «Le strade e l'Eufrate sono piene di corpi di esiliati, e quelli che sopravvivono sono condannati a morte certa. C'è il piano di sterminare l'intero popolo armeno». Il dottor Tevfik Rushdu, medico dunmeh, organizzò l'eliminazione scientifica dei cadaveri, con tonnellate di calce viva. Mehmet Nazim e Behaeddin Chakir, due esponenti del Comitato, sicuramente dunmeh (si noti il nome «Beha»; quanto a Nazim, era cognato di Rushdu), allestiscono una «Organizzazione Speciale» per lo sterminio sistematico: migliaia di delinquenti comuni vengono arruolati in questo corpo speciale.

Il comitato centrale dei Giovani Turchi, che turchi non erano, emanò, nel settembre 1915, la legge sulle «proprietà abbandonate», che dichiarava la confisca delle case, terre, bestiame ed altri beni «abbandonati» dai deportati armenti: una legge del tutto simile è vigente in Israele, dove gli ebrei confiscano le case di palestinesi dichiarati «assenti», perchè espulsi. Fuggiaschi, prigionieri, esiliati senza possibilità di ritorno. Talaat Pascià, uno dei tre dunmeh della giunta «Comitato Progresso e Unione», diede di suo pugno i seguenti ordini:


«Tutti i diritti degli armeni di vivere a lavorare sul territorio turco sono abrogati. La responsabilità è assunta dal governo, il quale ordina che non siano risparmiati nemmeno gli infanti nella culla. Nonostante ciò, per ragioni a noi ignote, un trattamento speciale viene accordato a 'certi individui' che, invece di essere portati direttamente nelle zone di deportazione, vengono tenuti ad Aleppo, causando con ciò nuove difficoltà al governo. Non si ascoltino le loro spiegazioni o ragioni: siano espulsi, donne e bambini, anche quando non sono in grado di muoversi... 
Anziché i mezzi indiretti usati in altre zone (ossia la messa alla fame e l'espulsione dalle case, l'avvio verso campi di concentramento, eccetera) si possono usare metodi diretti, se con sicurezza. Informare i funzionari designati per la bisogna che possono adempiere al nostro vero scopo senza timore di essere chiamati a risponderne». E ancora, sempre Talaat: «E' stato già riferito che in base agli ordini del Dkemet, il governo ha deciso di sterminare, fino all'ultimo uomo, tutti gli armeni in Turchia. Chi si oppone a questo ordine non può mantenere la sua carica nell'Impero». 
E ancora: «Stiamo stati informati che a Sivas, Mamouret-al-Aziz, Darbeikir ed Erzurum, alcune famiglie musulmane hanno adottato, o tenuto come servi, dei bambini di armeni... Ordiniamo con la presente di raccogliere tutti questi bambini nella vostra provincia e di spedirli nei campi di deportazione». Ed ancora un altro ordine:«Abbiamo udito che certi orfanatrofi da poco aperti ammettono bambini armeni. Ciò vien fatto perchè le nostre volontà non sono a loro conoscenza. 
Il governo ritiene il nutrire questi bambini e prolungare la loro esistenza un'azione contraria alla sua volontà, in quanto ritiene la vita di questi bambini dannosa», (dalle «Memoirs of Naim Bey, Londra 1920). La giunta del Comitato Unione e Progresso commise un errore: entrò nella Grande Guerra a fianco degli imperi centrali. Sconfitti insieme ai tedeschi e agli austriaci, fu restaurato al potere il sultano, Mehmet VI, che nel 1919 fece aprire un processo contro i membri della giunta; ormai erano tutti fuggiti all'estero, per lo più in Germania. La sentenza condannò a morte, in latitanza, Talat, Enver Pascia, il dottor Nazim, Cemal.
 MAURO LIKAR

lunedì 29 marzo 2010

RAPPRESAGLIE



RAPPRESAGLIE


All’eroico soldato tedesco, espressione di un popolo nobile, che continuò a combattere fino all’ultimo, per un’Europa che lo abbandonò e lo tradì. Convenzione di Ginevra (27/7/29) ( diritto dei popoli ) Concetto di belligerante.

Art. 1 - Le norme, i diritti ed i doveri di guerra valgono non solo per l'Esercito, ma anche per le milizie ed i corpi volontari, quando essi corrispondano allel,seguenti condizioni:

1- C’e un Comandante responsabile dei subordinati.

2- Viene portata una “mostrinatura” riconoscibile a distanza .

3- Le armi vengono portate in pubblico

4- Nelle loro operazioni vengono osservate le leggi e gli usi di guerra

In quelle Nazioni, in cui le milizie od i corpi volontari costituiscono  l'Esercito, o parte integrante di esso, queste vengono comprese nel .termine "Esercito” Accordi sul trattamento dei Prigionieri di guerra.

Art. 2 - 1 prigionieri di guerra sono sottoposti all'autorità della Potenza' nemica, ma non all'autorità delle persone o delle truppe che li hanno fatti prigionieri. Essi devono essere trattati con umanità in ogni momento ed in particolare devono essere preservati da maltrattamenti, offese, o dalla curiosità della pubblica opinione. È proibito esercitare violenza contro di loro.

Art. 3 - I prigionieri di guerra hanno diritto al rispetto della loro persona e deI loro onore. Le donne devono essere trattate con tutte le attenzioni dovute al loro sesso. I prigionieri mantengono la loro completa capacità giuridica di cittadini.

Metodi per il danneggiamento dei nemico, gli assedî ed i bombardamenti.

Art. 23 - Ad eccezione dei divieti previsti da trattati particolari, è proibito:
a) l'uso di armi chimiche.
b) l'assassinio od il ferimento proditorio d’appartenenti alla popolazione od all'esercito nemico;
c) l'uccisione od il ferimento di un nemico inerme, o che ha ceduto le armi e si è arreso incondizionatamente;
d) la dichiarazione che non sarà dato quartiere;
e) l'uso di armi, pallottole, o materiali atti a causare sofferenze non necessarie;
f) l'abuso della bandiera di parlamentare, della bandiera nazionale, delle insegne militari, o dell'uniforme deI nemico, cosi come delle insegne degli accordi di Ginevra;
g) la distribuzione o l'alienazione delle proprietà deI nemico, ad eccezione dei casi in cui ciò sia urgentemente richiesto dalle necessità della guerra;
h) l'abolizione o la temporanea sospensione dei diritti e delle rivendicazioni degli avversari, o l' esclusione deI diritto ad avere un regolare processo.
Ai belligeranti è altrettanto vietato costringere gli avversari a partecipare a delle operazioni belliche contro la loro Nazione.

Potere militare sui territori nemici occupati

Art. 43 - Dopo che la legittima autorità è effettivamente caduta in mano all'occupante, questi deve prendere tutti quei provvedimenti in suo potere atti a ristabilire ed a mantenere per quanto possibile l'ordine pubblico e la vita sociale e ciò, fino a quando non vi siano impedimenti di forza maggiore, in osservanza alle leggi dello Stato.

Art. 46 - L'onore ed i diritti delle famiglie, la vita dei cittadini e la proprietà privata, cosi come il credo religioso e gli atti legati alla religione professata, devono essere rispettati. La proprietà privata non deve essere alienata.

Art.47 - Il saccheggio è assolutamente proibito.

Art 50 - Nessuna sanzione in denaro o d’altro tipo, può venire inflitta ad un'intera popolazione per le azioni di singoli, per le quali la popolazione non puo considerarsi Corresponsabile.

Comunicato diffuso via radio, stampa ed affissione nel territorio della R.S.I dopo il massacro della delegazione tedesca andata a parlamentare per uno scambio di prigionieri (segretamente già assassinati) nel bolognese:

ULTIMO MONITO AI SABOTATORI

ITALIANI : I SISTEMI DI LOTTA DEI BANDITI HANNO ASSUNTO UN CARATIERE BOLSCEVICO. QUESTI CRIMINALI PREZZOLATI RICORRONO A SISTEMI CRIMINALI PER COMBATTERE LE AUTORITÀ PREPOSTE AL MANIENIMENTO DELL'ORDINE. CIÒNON PUÒ ESSERE ULTERIORMENTE TOLLERATO. D'ORA INNANZI SI AGIRÀ CON LE SANZIONI PlÙ SEVERE.
IN ALCUNE REGIONI D'ITALIA I CITTADINI NON SOLO TOLLERANO, MA SOSIENGONO ADDIRITTURA QUESTI DELINQUENTI. A QUESTI INDIVIDU! RIPETIAMO:

1) l TEMPI DELLA PAZIENTE ATTESA SONOFINITI. CHI AIUTA I BANDITI E' UN BANDITO EGLI STESSO E SUBIRA' IL MEDESIMO TRATTAMENTO.

2) TUTTI l COLPEVOLI SARANNO PUNITI CON LA MASSIMA SEVERITA'. IN CASO DI NUOVO ATTACCO A PERSONE, MEZZI DI COMUNICAZIONE, PNEUMATICI DI AUTOMEZZI,
FERROVIE, TRAM, TELEGRAFO, TELEFONO, ECC., LE LOCALITÀ DOVE SI SARANNO VERIFICATI TALI ATTENTATI SARANNO INCENDIATE E DISIRUTTE.

3) GLI AUTORI DEI DELITTI ED I LORO FAVOREGGIATORI SARANNO IMPICCATI SULLA PUBBLICA PIAZZA. QUESTO E' L'ULTIMO A VVISO AGLI INDECISI


CEFALONIA (isole Ionie)

Grecia, 8 Settembre 1943 - A seguito dell'annuncio radio del Gen. Badoglio, dell'armistizio a sorpresa concluso dal re Viuttorio Emanuele con i suoi nemici, e data l'improvvisa scomparsa deI Capo deI Governo Benito Mussolini, il Quartier Generale italiano di Atene dell' 8a Armata, Gen. C.d'A. Vecciarelli ordina di consegnare le armi all'alleato tedesco e farsi internare come non belligeranti.

Escluse alcune Unità della Milizia e dei Bersaglieri che autonomamente scelgono di continuare la guerra,restando fedeli all'alleanza, l'ordine viene eseguito ovunque... eccetto che a Cefalonia, dove un~.certo Gen. Gandin e la sua cricca di raccomandatissimi ufficiali piemontesi se ne stanno in vacanza con la loro Div. ''Acqui'' dal 1941 mentre in Russia e in Africa gli altri vengono fatti a pezzi.

Contattato telefonicamente dal Comando Germanico dell' Epiro (Gen. Lanz J, il Gandin, con la scusa di contrasti tra i suoi ufficiali, Gandin chiede due giorni di tempo .... a lui utili per distribuire le armi ai partigiani greci ( con i quali da tempo è in combutta) e per chiedere aiuto agl'inglesi. Allo scadere dei due giorni i si dice pronto alla resa delle armi, ma quando le moto-zattere cariche di soldati tedeschi si avvicinano all'isola, annuncia falsamente ai suoi uomini
l'attacco tedesco e le fa affondare dalle batterie costiere.

Non solo: lancia la Divisione ed i partigiani all'attacco dei soli due battaglioni tedeschi di presidio nell'isola con l'ordine " di dîstruggerli" e, confidando invano nell'intervento inglese, sprona gli uomini alla difesa ad oltranza, anche quando rinforzi tedeschi riescono a sbarcare ed avanzare. Alla fine, invece di tirarsi una pistolettata, questa quarantina Di ufficiali senza onore si arrende ... ma vengono tutti passati per le armi in seguito ad un preciso .

Un migliaio di ignari disgraziatissimi fanti muore nei combattimenti e circa tremila finiscono ai pesci con le due navi che li portavano prigionieri in Grecia, silurate dagl' inglesi. Totale delle perdite italiane: quattromila uomini. Il monarchico Gandin affiliato alla massoneria piemontese, il quale non faceva alc un mistero di ambire al posto dei suo superiore, Capo di Stato Maggiore Badoglio, , con i suoi accoliti totalizza un en plein del tradimento: inganna il proprio diretto Comando, l'alleato germanico,i suoi soldati ed il suo stesso re, il quale, solo molto più tardi, il 13/ 10/43 dichiarerà formalmente guerra alla Germania.


SALVO D'ACQUISTO

Palidoro ( Roma) - Dopo il tradimento italiano dell’8 Settembre 1943, le truppe tedesche scendono lungo la via Aurelia dirette in Campania per aiutare i commilitoni rimasti soli, ad arginare l'avanzata anglo-americana. Lungo la strada essi raccolgono armi e materiali abbandonati dal "Regio Esercito" allo sbando. Al loro arrivo, i Carabinieri della stazione di Palidoro si mettono in borghese e fuggono tutti, tranne un certo Salvo D'Acquisto, che essendo dei meridione, proprio non se la sente di andare incontro al fronte bellico, per poter tornare a casa. Allora che fa il nostro futuro eroe? Rimasto solo, piazza una granata a strappo dietro ad un cassetto semiaperto, nel quale si intravede una pistola, e poi chiude la porta e se ne va a zonzo tra i casali dei contadini della zona, i quali, conoscendolo bene, gli offrono vitto ed alloggio.

Una pattuglia tedesca trova intanto la caserma, la perquisisce in cerca di armi abbandonate, e salta felicementein aria: un giovane soldato muore sul colpo, un altro resteràmutilato, ed altri feriti.

ll comandante tedesco fa rastrellare 23 ostaggi, tra i quali capita, casualmente, anche il vero responsabile. L'ufficiale chiede loro di dire chi sia stato a compiere l’eccidio,m ma gli ostaggi, tranne uno, che però tace, non possono saperlo.

Mentre chiedono la grazia davanti al plotone d'esecuzione, proprio quando sta per partire la raffica letale, il nostro "eroe", che comunque stava per essere fucilato, se ne esce dalla fila e dice: “sono stato io”.
L'ufficiale tedesco, che a norma delle leggi di guerra potrebbe comunque fucilarli tutti, si acconta generosamente di punire il solo vero colpevole. Visti i fatti, forse è un po’esagerato il culto laico offerto nell'Arma a questo Carabiniere esemplare, che attende, del resto anche la Canonizzazione Ecclesiale.


VIA RASELLA, FOSSE ARDEATINE

Roma, marzo 1944 - La città è stata generosamente dichiarata " città aperta" per rispetto dei Duce da parte dei Feldmaresciallo A. Kesselring , onde evitarne la distruzione che il bombardamento USA di S.Lorenzo aveva preannunciato. Questo status comporta per il Comando Germanico l'onere gigantesco di foraggiarla e tenervi un solo presidio di polizia ( in collaborazione con la Polizia italiana ): le colonne di rinforzo per il fronte non possono attraversarla, ma devono girarle attorno - non c'è ancora il "raccordo anulare" - con enorme spreco di tempo e carburante preziosi. Ciò nonostante, il vizietto italiano dell'attacco proditorio offre una vasta scelta: partigiani monarchici (Gen. Cordero di Montezemolo) limitantisi ad attività di propaganda in quanto come militari rispettosi dello status di "città aperta", partigiani comunisti (ma dissidenti da Mosca) della grossa banda " Bandiera Rossa " dediti al sabotaggio incruento, ed infine uno sparuto gruppetto di assassini senza scrupoli (G.A.P. ) fedelissimi di Stalin, dediti ail' uccisione di militiari isolati in libera uscita.

Questo gruppetto, che dopo la "liberazione" vuole fare dell'ltalia una repubblica sovietica, prende contatto con tutti gli altri e propone deki colloqui per una strategia comune. E' solo . un trucco... Essi denunciano tutti alla polizia e quando questi vengono rinchiusi a " Regina Coeli"fanno il "botto grosso" ben sapendo quali saranno le conseguenze. :La bomba che a via Rasella uccide 33 vecchi territoriali sudtirolesi (più 9 tra i feriti: per un totale di 42) .

Essi Provocano cos, volutamente, con la prevista rappresaglia (fosse Ardeatine ) la fucilazione di tutti i loro possibili futuri concorrenti politici ed aizzano l'odio anti-tedesco , se pure non in modo sufficiente da provocare l'agognata rivolta generale della città, della quale si vorrebbero mettere a capo.

La proporzione di rappresaglia 10 ad 1 è considerata legittima dal Diritto dei Popoli ( Conv.ne di Ginevra) e tanti ne chiede il Comando Germanico, ma la Polizia italiana ne consegna “per errore” 5 in più, di cui nel trainbusto nessuno si accorge e questo costerà poi l'ergastolo agli Ufficiali tedeschi... che invece andavano premiati per aver evitato il bis della fucilazione di ulteriori 90 ostaggi.

Furono premiati,invece, gli assassini Bentivegna e Capponi con medaglie, soldi e case, ma questi "eroi" nessuno li vide mai più in pubblico dopo che si presentarono al processo contro gli Ufficiali tedeschi nel 1948: la folla dei parenti delle vittime tento di linciarli 

S. ANNA DI STAZZEMA·

Toscana, 12/8/1944 - Località ideale per vacanze partigiane a 700 m. d'altezza, totalmente isolata ( due ore di salita a piedi) sull'Appennino della Versilia con panorama sul Tirreno, produzione di vino, olio e cami della migliore qualità. Ottimo rifugio per disertori , banditi e ladri : dall' 8 Settembre '43 cominciano ad affluirvi le prime decine che raggruppatesi in banda partigiana (cosidetta " Brigata Garibaldi", cresciuta fino a ben 200 elementi ) gozzovigliano un anno "ospiti" dei contadini .

S. Anna di Stazzema, essendo fuori delle linee di comunicazione e senza significato strategico era, come tutta quella zona montana,non è infatti presidiata . Tra una festa e l'altra , in attesa della " liberazione ", la banda dal mitra facile rompe la monotonia con puntate a valle per rapire le ragazze degli sfollati (eliminate e sotterrate in genere dopo 2 o 3 settimane di intenso "uso" collettivo) ed assalire qualche automezzo di passaggio carico di roba buona.

Finirebbe così la guerra dei nostri eroi neo-ganbaldini con l'avvicinarsi degli Anglo-amencani ( estate '41,) se nella banda non sorgesse improvvisamente un profondo bisogno di lotta antifascista, onde accumulare meriti e farsi premiare. Tutti sanno dalla radio, che ai loro partigiani gli U.S.A. consegnano il VUoto di potere: nomine a sindaco, prefetto magistrato, questore , deputato , senatore , ecc

Accade così che nelle vallate circostqnti, Zona di retrovia ritenuta da sempre relativamente tranquilla , si sviluppa improvvisamente un'inattesa serie di imboscate: cadono falciati da unja raffica alle spalle i soldati diciottenni dell' ultima leva del Reich, talmente inesperti da andarsene disarmati alla passeggiata domenicale con le ragazze toscane, militi della G·N.R che sorseggiavano un bicchiere seduti ail' osteria, ed altri che giravano imprudentemente da soli nei casolari, per comprare uova e fàrina, dato che i rifornimenti non arrivano più.

Le pattuglie della Polizia militare inviate in rastrellamento a S.Anna, Stazzema , entrate ignare nel paese che' sembrava abbandonato, vengonlo improvvisamente falciate dal fuoco concentrico che viene dalle finestre delle case e persino dal, campanile della chiesa .
I sopravvissuti danno l'allarme e si muove allora un intero battaglione della 16A Div. SS "Reichsfuhrer" che, giunto davanti all'abitato, lancia dei volantini avvertendo i civili deIl' imminente attacco,ed invitandoli ad abbandonare il paese.

Ma la banda asserragliata nelle case vieta loro l'evacuazione con un'eroico"vi difendiamo noi", salvo poi squagliarsela ad attacco iniziato tirando qualche schioppettata , per poi assistere dai boschi soprastanti al massacro dei poveracci chiusi nelle loro case e tornare a depredare i morti di anelli, braccialetti o catenine d’oro, dopo che le truppe tedesche se ne sono andate.

MARZABOTTO

Marzabotto (Emilia-Romagna, 29/ 9 / 1944 ) Retrovia della Linea Gotica . Gli appelli criminali lanciati dalla radio anglo Americana ed istiganti alla guerra civile in Nord-Italia, avevano scatenato i feroci comunisti dei " triangolo rosso ". Nei monti di Marzabotto operava la banda dei sanguinario partigiano " Lupo " ( Mario Musolesi, ex sergente dei R.E. ), specializzato nel seppellire vivi i suoi prigionieri, dopo previa tortura .  ... La nostra zona era diventata la regione dei terrore per i nazi-fascisti : tutti i soldati in giro per le retrovie venivano rapiti e giustiziati ... > > (dalle memorie della sorella Bruna su "Stella Rossa", 1947).

Un giorno di fine Settembre '44 , senza motivo apparente, i bombardieri . U.S.A. devastano Marzabotto uccidendo più di mille civili. Le truppe tedesche , che hanno assistito da lontano al bombardamento avvenuto aile loro spalle , inviano ambulanze e personale medico . Nessuno fa ritorno. Vengono ritrovati dalle pattuglie inviate alla loro ricerca : i medici penzolano impiccati alle travi delle stalle , le infermiere crocifisse alle porte : tutti i cadaveri sono orrendamente mutilati ... La zona viene subito circondata e rastrellata dalla Polizia militare ( SS e Brigate Nere) : nella rete cadono " Lupo" , i suoi scagnozzi ed un centinaio di loro fiancheggiatorii che vengono tutti correttamente passati per le armi . Il cadavere dei "Lupo "restituisce una gran quantità di denaro e gioielli.
Dopo la guerra , con le dovute omissioni .... tutte le vittime Saranno messe sul conto della Wehrmacht, ma recentemente gli amministratori comunali , zitti zitti , hanno fatto un misterioso sconto di mille morti sul monumento a ricordo della "barbarie nazi-fascista" ...

IL FINTO "OLOCAUSTO"

Vero capolavoro di psico-manipolazione planetaria , anteprima assoluta ' nella storia umana, realizzato da registi , attori , giomalisti e "storici" giudei russo-americani nella loro guerra per il dominio deI mondo iniziata nel 1945 e tuttora in corso . Reso certamente possibile dal controllo dei mass media e dallo spegnimento della capacità critica di masse regredite allo stato bovino , ha perfettamente mascherato l'assassinio della Civiltà Europea nella figura della sua punta di diamante : la Germania .

Dire che non è vero, oggi è proibito per legge, alla faccia della  "libera opinione" dell' Occidente democratico ! Ma basta andare ad Ausschwitz con occhio critico e due grammi d ' intelligenza , per vedere la mini "camera-a-gas" che sarebbe esplosa al primo tentativo d’uso, perchè comunicante col fomo crematorio , la fetta di salame mancante dalla vetrina che mostra 'la razione dell' internato, il mura dei 50.000 fucilati senza un solo buco, attrezzi sado-maso nati dalla fantasia deI dopo-guerra, ecc. ecc. Una sola cosa impressionante " grandi vetri dietro i quali si vedono montagne di spazzolini da denti , capelli ; valigie e scarpe "O se non si sa che è materiale tedesco raccolto nelle donazioni alla Patria per essere riciclato in prodotti sintetici ( le scorte di materie prime si esaurirono a fine '42 ) I famigeratj "Lager" erano semplicemente fabbriche di lavoro forzato , che se eseguito bene portava allo sconto di pena ... Arbeit macht Frei, appunto.

Era stato indispensabile concentrare i giudei , almeno quelli potenzialmente pericolosi : sia perché essi avevano dichiarato guerra alla Germania su tutti i giornali anglo-americani già nel 1933 e quindi appartenevano a " nazionalità nemica", sia perché con le rivolte bolsceviche deI 1918 avevano provocato il crollo interno della Germania e la sua sconfitta.

Paradossalmente ne morirono alcune migliaia ( lievitate poi di tre zeri ). negli ultimi tre mesi di guerra , quando scoppio il tifo per esaurimento delle scorte dei famosissimo disinfettante "Zyclon B" che serviva a spidocchiarli .  Quei cadaveri rinsecchiti dalla febbre tifoidea, una volt filmati da registi del calibro di John Ford ed Alfred Hitchcock, hanno fatto la fortuna della dittatura giudeo-americana che oggi ci annienta con la corruzione , le droghe , ed il melting pot razziale .

mercoledì 24 marzo 2010

IL RITORNO DELL'ARTE ARIANA

LA POLITICA CULTURALE DEL III° REICH

Nel maggio del 1939 una galleria d’arte di Lucerna offre all’asta 125 opere d’arte, che il ministero della Cultura Nazionalsocialista ha rimosso dai musei tedeschi di Berlino, Colonia, Essen, Brema, Wuppertal, Mannheime ed altri. e che, acquisite durante il festino ebraico della Repubblica di Weimar, ora sono considerate contrarie alla nuova volontà culturale del Völk germanico. La maggior parte di queste opere rigettate appartiene al filone espressionista “tedesco”, ma fra di esse, vi sono anche lavori di Paul Gauguin, di Cézanne e di Vincent Van Gogh, ritenuti anch’essi pittori concettualmente “ degenerati”.




Vengono battuti all’asta e venduti anche “Maschere e morte” di Ensor ,un ritratto del 1903 di Pablo Picasso e due suoi arlecchini del periodo Blu. Il Kunst Museum di Basilea acquista opere di Paul Klee, Oskar Schlemmer, André Derain, ed il ritratto di rabbino russo di Marc Chagall.




In pratica, gli artisti ebrei finiscono fuori dai musei tedeschi e dentro quelli svizzeri, od americani. Scivolano nelle collezioni private anche Matisse, Braque, Modigliani, Vlaminck, Dix, Nolde, Kokoschka, ed in genere tutta la schiera di artisti ebrei attivi ed affermati nel periodo di Weimar. Le cosiddette “Avanguardie”, il Dada e la Bauhaus spariscono perché contrari ed alieni ad una Cultura schiettamente tedesca.

La KampfBund für Deutsche Kultur, o Lega combattente per la Cultura Tedesca, fondata da Alfred Rosemberg, riesce a raccogliere più di 12000 esempi di “Arte Degenerata”: Tele ad olio, sculture, disegni, ed acquerelli. Quattordici tele di Edward Munch finiscono ad Oslo a prezzi stracciati. Viene organizzata la grande mostra sull’Arte Degenerata, e poi, Il 20 marzo del 1939, per ordine personale di Goebbels, si allestisce un “Falò d’Arte” e le opere vengono bruciate ritualmente e pubblicamente a Berlino, sotto l’occhio impassibile dei vigili del fuoco. Anche nelle le biblioteche pubbliche si opera lo stesso tipo di pulizia selettiva che deve eliminare la letteratura “indesiderata”, ovvero ebraica. Già nel 1933 sono finite in cenere le opere complete di Sigmund Freud e di Karl Marx, ed i lavori letterari di Remarque, Mann, Benjamin, e Kästner.

Nel 1940 i roghi d’arte si ripetono in sordina anche in Francia, ed Alfred Rosemberg, che sequestra tutti i lavori degli artisti ebrei, fa al Jeu de Paume un falò con 600 quadri di autori come Mirò, Picasso, Klee, Max Ernst, Ferdinand Léger, e molti altri. La Possente rivoluzione culturale Hitleriana ora apre davvero le porte al Rinascimento artistico e spirituale dell’Uomo Ariano ed Europeo.

Riforme radicali elimineranno la venefica influenza delle “democrazie” mondialiste, e favoriranno un nuovo spirito eroico nelle arti germaniche. Il sangue e la razza tornano ad essere la fonte principale dell’ispirazione artistica. La filosofia nazional socialista porta ad un riorientamento totale d’ogni settore della vita del Völk tedesco, ed produce, nei pochi anni della sua durata, delle forme d’arte nuove ma strettamente connesse alla tradizione ancestrale ariana.


Greci e Romani, ovvero gli ariani dell’antichità, hanno fornito quegli esempi formali, filosofici, tecnici e concettuali a cui ora si riferiscono e rifanno i nuovi artisti ariani. I regimi precedenti, asserviti alla politica di devastazione culturale attuata dall’ebraismo internazionale,hanno prodotto solo spazzatura e ciarlatani dell’Arte d’avanguardia: degli incapaci regrediti nel primitivismo o alla sciattezza, per mascherare la loro completa inettitudine al Bello ed al magistralmente compiuto.

Gli ebrei hanno diffuso un’architettura antiestetica, progettata dagli idioti della Bauhaus, stipendiati dalle industrie e ligi alle necessità industriali di quelle entità assai poco sensibili all’arte. Questi artisti demenziali, veri criminali psichici, non devono più stare nei musei, ma nei manicomi, o in galera. Nelle arti del ‘900 regredite al primitivismo non c’è proprio niente da capire, e nessun reale messaggio, se non quello del malessere psicotico o nevrotico di chi le ha prodotte.

Questi artisti, che sono per lo più dei bolscevichi culturali, vanno allontanati decisamente dalle scene pubbliche, e se li si espone nelle Mostre dell’Arte degenerata è per far capire quanto essi siano stati dannosi. Ebrei e modernisti vengono perciò espulsi dalle Accademie, licenziati dai posti d’insegnamento, e banditi da tutte le istituzioni
pubbliche.

Due ritratti di Wolfgang Willrich






L’arte è, difatti, una missione sublime che esige che l’artista sia un vero eproprio guerriero, capace di costruire e difendere, per il proprio popolo, e per il suo sangue puro, i più alti principidello spirito, dell’arte, e della tradizione culturale Germanica.








Nel 1937, viene solennemente inaugurata la Haus der Kunst, di Monaco, progettata dall’architetto Paul Ludwig Troost, con la costante consulenza del Führer stesso. La mostra inaugurale, allestita con 900 opere tutte personalmente approvate da Hitler, dimostra lo stato di riacquisita salute della Germania Nazionalsocialista. Gli artisti principali sono Arno Breker, Josef Thorak, Adolf Zeigler, Wolfgang Willrich, Oskar Just, Bereskine, e Wilhelm Dohme.





martedì 23 marzo 2010

DE BELLO JUDAICO


DE BELLO JUDAICO
AC HEBRÆORUM FALSITATIS


Quando è Hollywood a scrivere ed insegnare la Storia, accade un vero miracolo:
M. Lle bugie degli sceneggiatori ebrei diventano la verità degli storici accademici.  
ikar


Dopo la morte d’Adolf Hitler e la disfatta militare del III°Reich, costretto ad una resa senza condizioni che ha permesso agli “Alleati” di privare per decenni i cittadini tedeschi d’ogni più elementare diritto, i “sopravissuti” all’occupazione delle Potenze democratiche, sono stati costretti a rinnegare pubblicamente ogni loro precedente profonda convinzione politica e spirituale, ed a “negare” innanzitutto l’evidenza dei fatti: Adolf Hitler incarnava, per ogni tedesco degno di questo nome, il Genio ed il Destino della Germania, e derivava il suo potere carismatico da una Volontà superiore a quella della sua personalità contingente; un Volere che era quello del Dio della Stirpe e del Völk germanici: Odhinn o Wotan.

Egli stesso esprimeva la certezza d’essere un inviato della Provvidenza, per un evento atteso e sperato da tempo: la rinascita spirituale e materiale della Germania, e la sua liberazione dallo stretto cappio che i plutocrati internazionali avevano intrecciato per questo pericoloso lupo Fenrir, dopo la sconfitta della Ia Guerra Mondiale, e le impossibili condizioni del vergognoso “Trattato di Pace” di Versailles, che riducevano il Paese alla miseria. Certo la provvidenza divina che l’aveva inviato non era quella dello Jahvé ebraico.

Nel 1943 ogni individuo tedesco sa di combattere contro il mondo intero, contro le Potenze dell’Oro di Wall Street e della City, a fianco del suo Führer, Adolf Hitler, in una battaglia che equivale ad un sicuro suicidio. Eppure i tedeschi combattono a milioni in questo scontro titanico, andando incontro alla morte
pur di non rinnegare la loro Fede in sé stessi ed in Lui.

Adolf Hitler non è stato dunque, come suggeriva ai suoi studenti americani Ernst Cassirer, uno spaventoso errore della Storia mondiale, ma il fulgido rifiorire di quella Tedesca ed Europea. Questo reduce dalla disfatta d’un mondo, ora risvegliava la Germania da un sonno drogato durato per secoli. La guerra e la sconfitta del 1918, e gli eventi che n’erano seguiti, avevano dato ai Tedeschi almeno un’assoluta certezza: il vero nemico non era mai stato al fronte, ma aveva operato al sicuro, acquattato all’interno e nelle retrovie, o nei gangli vitali del Paese. I nemici erano i Politici ed i mestatori bolscevichi, tedeschi solo di nome e tutti squisitamente ebrei come Rosa Luxembourg, Karl Liebknecht, Hugo Hause, Gustav Landauer, Leo Jogiches, Eugen Levine, Walter Rathenau, e Mathias
Erzberger.

Alla resa dei conti, le loro morti non furono affatto feroci assassinî attuati da dei truci fanatici dell’estrema destra, come vorrebbe far credere l’attuale storiografia didattica, ma la decisa e letale reazione dei Patrioti tedeschi contro questi traditori alieni, ospiti d’un paese che essi non amavano perché non era il loro, e che volevano consegnare alle orde barbariche dei loro correligionari Sovietici.

Non si trattò dunque di una terribile “discesa verso il Nazismo” ma di una fortunata “Ascesa verso di esso”, fuori dalla stretta dell’ebraismo comunista, e dalla putredine della Repubblica di Weimar, spacciata ancor oggi per momento culminante d’arte e cultura. La vera Rivoluzione, quando giunse, fu proprio quella di Adolf Hitler e dei suoi, che ora spezzavano con la forza dei Freikorps, la morsa e l’arroganza distruttiva dei nemici interni della Germania, ampiamente finanziati da Lenin.

Rinascevano il senso del dovere militare di un Moltke, la consapevolezza del diritto della Germania ad un proprio spazio vitale ad Est, preconizzata da Lagarde, e l’orgoglio della propria razza ariana, fucinato dal Germanen Orden di Ugo von List e di Lebenfels. Ormai la liberazione dei tedeschi dalle catene finanziarie e culturali ebraiche era un dato di fatto, e solo un’altra guerra, più letale e definitiva di quella appena conclusa, avrebbe potuto avere ragione di questi pericolosi “Risvegliati” a sé stessi.

E fu proprio alla guerra, che subito pensarono gli ebrei. La svolta data agli eventi da questa “Rivoluzione Tedesca” che presto poteva diventare “Europea”, fu un incubo ed un disastro per tutti gli Ebrei d’Europa e del mondo. Ne andava dei loro affari! Non si trattava più di un’eruzione cutanea adolescenziale passeggera, ma di uno scoppio d’Ira maturato a lungo, che nessun filosofo idealista o poeta trascendente ebreo poteva più arginare, deviare, evitare o cavalcare. Kant, Heine e Fichte erano finiti fuori corso: pura carta straccia.

Ora il tedesco autentico lasciava le città, disertava i banchi di pegno, le botteghe dei prestiti ad usura, e tornava alle foreste e alle campagne: alle forze geniali e Naturali del suo antico Panteismo germanico. Ora si era davvero pronti a leggere e comprendere il “Mein Kampf” di Hitler, o le tesi di Rosemberg: si era pronti alla lotta per ricostruire ciò che il Giudaismo Cristiano e l’Intellettualismo e lo scientismo Ebraico avevano volontariamente distrutto e guastato.

Nessuna croce patibolare e nessun talismano di moderazione, poteva ormai contrastare questo prepotente risorgere delle divinità ariane e germaniche, capaci d’una limpida ferocia, portata all’estremo limite d’ognuno. l’Uomo tedesco riscopriva con gioia d’essere un perfetto guerriero, capace di un’ira algida ed ascendente come gli impetuosi venti del Nord. La “Barakà” ebraica della “cultura umanistica”, si rivelava un marcio trucchetto da astuti bottegai, e si sgretolava come un vampiro al sole, risolvendosi in una polvere attossicata.

Ora Thor veniva per distruggere, a martellate, anche i covi dei preti e dei rabbini, e quei colpi da fabbro celeste sembrarono a molti un brontolio di tuono; in lontananza. Ben presto, le doglie di quel ritorno degli Dei Germanici avrebbe suscitato un fragore assordante, che avrebbe scosso il mondo.

Mauro Likar


RINASCIMENTO
GERMANICO

Dopo il Rinascimento dei Secoli XIV°, XV° e XVI° dopo La Riforma di Martin Luther, dopo il Gotico, Meister Eckart, Albrecht Dürer, Lucas Cranach, dopo Bach, Mozart e Beethoven, e l’impulso dato da Goethe, Winckelmann, Lessing, Novalis, Schiller, Holderling e Kleist, viene l’ora di Friedrich Nietzsche, di Richard Wagner, di Houston Chamberlain, di Rosemberg, di Adolf Hitler, e di una Germania stanca d’essere il laboratorio delle depressioni e delle angosce esistenziali e culturali ebraiche.

L’ebraismo infiltratosi ovunque nelle Arti, ha già introdotto il virus dell’Impressionismo e poi dell’Espressionismo, con l’intento di guastare il gusto “Pagano” del “classico e del greco”, pazientemente introdotti in Europa da Goethe, Winckelmann, Canova, Thorwaldsen, David, Ingres, Barrias, Girodet, Flandrin, e da tutti gli artisti del filone NeoClassico.

Alla solarità pagana e Neogreca, gli “Artisti” della Brucke oppongono l’ombra livida del loro malessere patologico, la loro voglia biblica e mortifera d’interpretare il ruolo d’eterne vittime e di sovra imporre la loro bruttezza ad ogni bellezza altrui. Squallore ed impulso necrofilo sono i loro strumenti e le loro armi principali, e l’Angst, o Angoscia esistenziale, è non solo il brodo di coltura delle loro ambigue ispirazioni artistiche, ma anche il grimaldello con cui scassinare la psiche ariana.

La cricca dei pittori della Brucke, e del Blaue Reiter, con nomi ampiamente rivelatori della loro provenienza israelita, come Kirchner, Pechstein, Nolde, Bechmann, Kandinsky, Marc, Klee, o Macke, viene fiancheggiata da musicisti anch’essi sprepuziati, ed altrettanto “dirompenti”: Arnold Schömberg, Alban Berg, Franz Webern, e da scrittori anch’essi onestamente Ebrei: Thomas ed Heinrich Mann, Karl Kraus, Franz Werfel, Otto Weininger, Gottfied Benn, Franz Kafka, Stefan Zweig, ed Alfred Döblin.

La schiera degli altri “eletti” di minore notorietà, ma intensamente attivi in giornali e gazzette, è una vera agguerritissima legione di famigli. Tutti costoro si occupano coralmente della sofferenza e della psiche altrui, aiutati dai loro correligionari del mestiere: Sigmund Freud ed il suo clan di seguaci, psicologi e psichiatri come lui affiliati al B’Nai Brith.

Con la Prima Guerra Mondiale, queste forze disgreganti hanno avuto buon gioco nel propagare la loro artistica desolazione. Si mira a spezzare la volontà di lottare e l’anima dei tedeschi, a disorientarli per meglio soggiogarli, e si inventa il Dadaismo, che insulta, sminuisce e ridicolizza apertamente la bellezza, l’armonia e il pathos classici, ed introduce l’arte dello sberleffo grottesco, il gusto dell’assurdo e del demenziale, mascherati da “giocosa spontaneità”. L’indesiderabile pattume mentale di un Jean Arp e dei suoi molti emuli, diviene l’Avanguardia: ma l’avanguardia di che cosa? e voluta poi da chi? Con George Grosz, Otto Dix, Lichard, Huelsenbeck, Oskar Kokoschka, Raoul Hausmann e Walter Menring, si organizzano dei matinées e dei “festival Dada” che sono delle semplici provocazioni anti artistiche. Con Kurt Schwitters nasce la Merzkunst, l’arte degli slogan cretini, in cui la stupidità e la
vacuità mentale degli autori raggiunge vette d’elevazione insuperabili. Questi sono i giovani ebrei al lavoro.

I vecchi ebrei, invece, continuano a produrre “Arte” secondo schemi canonici più accettabili. Thomas Mann, Herman Hesse, Rainer Maria Rilke, Stefan Zweig, Max Liebermann, rappresentano il Filone ebraico illuminato ed Umanista. Si gioca dunque in casa e su tutti i fronti, ed accorgersi della sottile concordanza d’intenti dei diversi “protagonisti della cultura e delle arti germaniche” non è poi così ovvio per la popolazione tedesca non avvertita. Alcuni però notano i curiosi e strettissimi legami fra gli “ideali ebraici” e le idee espresse e diffuse a Berlino, Parigi, Londra, Mosca ed Hollywood da questi artisti alfieri del “moderno”.

Max Reinhardt allestisce le sue sontuose produzioni teatrali, in quattro diversi teatri di Berlino, incluso il Teatro dei Cinquemila; Alexander Moissi recita l’Amleto in abiti da strada, ed Erwin Piscator, sponsorizzato dai Sindacati Comunisti, mette in scena i suoi funesti drammi, ed anche il Buon Soldato Schweik, scenografato proprio da George Grosz.

Ovviamente la Russia è di casa in questo milieu culturale prettamente ebraico, ed il Teatro dell’Arte di Stanislawsky è, a Berlino, un ospite assai assiduo. Da Parigi giunge in trasferta Josephine Baker, la Naomi Campbell dell’epoca, ma questa “venere nera” non veste Valentino o Armani, ma semplici e più allusive Banane. Da New York giunge la musica Jazz ed il Blues negro elaborato da George Gershwin. Gli ebrei dominano ovunque la “scena culturale”: un palcoscenico su cui non sembra esserci spazio
che per loro; come non accorgersene?

Ernst Toller, Georg Kaiser, Ernst Barlach propagano il loro pessimo gusto Kitsch, che Hollywood porterà poi alle stelle. Dulcis in Fundo, Bertold Brecht e Kurt Weil deliziano in piena recessione, con 300 repliche consecutive dell’Opera da Tre Soldi, il pubblico berlinese. Questo “Capolavoro” è il perno centrale di una propaganda disfattista ebraica, volta a fomentare lo scontento popolare, direzionandolo verso il comunismo, e dandogli la forma e le voci ben articolate e facilmente comprensibili delle puttane e dei magnaccia di Berlino.

L’Opera di Brecht è un ottimo esempio di sofisticato e solo apparentemente popolare Zeitkunst: Arte Politicizzata d’attualità, che si rivolge alla massa nel facile linguaggio della plebaglia analfabeta. Le musiche di Kurt Weil sono semplici ariette orecchiabili, da cabaret, con tocchi da banda metropolitana e inserti da balera.

Viene da ultimo la corrente d’Arte che gli storici attuali ritengono la più importante dell’Epoca: il “Nuovo Funzionalismo” o Bauhaus di Walter Gropius, che domina incontrastato sul tramonto della Repubblica ebraica di Weimar. Questo stile funzionale, che elimina ogni decorazione a favore e negli interessi di risparmio e profitto della produzione industriale, ha, per protagonisti, un altro manipolo di ebrei.

Lo staff di Gropius al Bauhaus è composto da Vassilij Kandisnsky, Paul Klee, Laslo Moholy-Nagy, Oskar Schlemmer, Marcel Brever, Josef Albers, Lyonel Feininger ed Herbert Bayer. Tutti questi insegnanti ebrei od ebreiformi, instillano nei loro studenti la “passione” per la linearità funzionale, e per una dimensione “sociale” dell’architettura.

Al Salon Des Artistes Decorateurs di Parigi del 1930, per colmo dell’ironia o dello spregio, proprio questi negatori della decorazione allestiscono l’intera sezione tedesca. È il trionfo del disegno industriale e la fine di quello veramente artistico. Superfici vuote o semplici cromatismi piatti sostituiscono ogni decorazione. Spariscono le sculture, e la pittura diviene un semplice grafismo, o viene del tutto eliminata. Il “Bello” viene soppiantato dall’Industrialmente economico, ovvero produttivamente profittevole.

Ma il Nazionalsocialismo hitleriano è già presente, e ben presto eliminerà il Bauhaus ed i principi di un’arte e di un design scheletrici, asserviti al profitto industriale, fatti passare per progressismo umanistico. Albert Speer, Josef Torak, Arno Breker, ben presto sostituiranno alle funzionalità industriali ebraiche del paradiso perduto di Weimar, la loro asciutta e rigorosa estetica Neo Greca e Neo Dorica. Bastano poche immagini comparative per accertarsene.

La voce di Adolf Hitler, partita dalle catacombe al malto della Hofbrauhaus di Monaco, nell’ottobre del 1919, non è quella di uno sprovveduto accortosi improvvisamente di saper parlare con eloquenza convincente, ma quella di un uomo che sente d’essere lo strumento del Destino, e che vuole la libertà e la salvezza del suo popolo. Distruggere la falsa democrazia, con i suoi stessi mezzi legali ed il pieno consenso elettorale è quanto vuole e riuscirà a fare.

Il Suo programma, caso unico nella storia di un uomo politico, è espresso chiaramente fin dall’inizio, nel Mein Kampf: La Germania è dei Tedeschi, e i non tedeschi sono ospiti stranieri, che non hanno voce in capitolo nelle faccende dello Stato: Cultura ed educazione compresa. Gli Ebrei, che sono solo nominalmente tedeschi, devono mollare l’osso, perdere le vantaggiose posizioni occupate nei gangli della società e dello Stato germanici, e la cosa non garba loro affatto.

Eccoli allora lanciare a mezzo stampa, fin dal 1933, dei proclami di guerra ad oltranza al Nazionalsocialismo, organizzare boicottaggi commerciali su scala mondiale, gridare al dittatore e all’assassino, senza che nessuno abbia torto loro un capello. Il Miracolo avvenuto in Germania li lascia allibiti: un emerito signor nessuno, un miserabile bozzettista di cartoline, è diventato il Cancelliere del Reich, in una Repubblica che ha ormai, per piena volontà popolare, le ore contate. Il Brutto anatroccolo si è trasformato nel bianco cigno di Lohengrin e vola alto sopra i pigmei della Politica.

Così lo si ingiuria, dandogli del guitto, dello stregone, del demagogo, dell’omosessuale, del pazzo che dà la colpa di tutto ai poveri ebrei, eterne vittime innocenti di ogni odio fanatico. Di fatto, il Partito Hitleriano ha pubblicato una piattaforma di 25 punti, che verranno applicati con estrema attenzione. Il Potere viene la mattina del 30 gennaio 1933, quando Adolf Hitler viene nominato ufficialmente Cancelliere dal vecchio Hindemburg.

Questo accattone che viveva nei dormitori pubblici di Vienna, questo fallito ante 1914, questo milite ignoto diventato un ridicolo oratore da birreria e da circo, ora si permette di agguantare il timone dello Stato, con alle spalle 13 milioni di tedeschi convinti della giustezza delle sue tesi, cambiando la rotta della Germania, dell’Europa, e gettando alle ortiche le regole del gioco.

Una fiumana di fuoco e di fiaccole si muove quella notte al rullar dei tamburi, sotto la Porta di Brandeburgo. Adolf Hitler è l’oggetto d’una tempesta di acclamazioni che erompono in ondate successive, a partire dal Tiergarten.

Su questa mezzanotte del 1933, che è l’alba del Nuovo Ordine Germanico, gli ebrei del mondo intero proiettano delle ombre sinistre, Maledizioni che presto diverranno vere e proprie dichiarazioni di Guerra.

Mauro Likar