martedì 23 marzo 2010

DE BELLO JUDAICO


DE BELLO JUDAICO
AC HEBRÆORUM FALSITATIS


Quando è Hollywood a scrivere ed insegnare la Storia, accade un vero miracolo:
M. Lle bugie degli sceneggiatori ebrei diventano la verità degli storici accademici.  
ikar


Dopo la morte d’Adolf Hitler e la disfatta militare del III°Reich, costretto ad una resa senza condizioni che ha permesso agli “Alleati” di privare per decenni i cittadini tedeschi d’ogni più elementare diritto, i “sopravissuti” all’occupazione delle Potenze democratiche, sono stati costretti a rinnegare pubblicamente ogni loro precedente profonda convinzione politica e spirituale, ed a “negare” innanzitutto l’evidenza dei fatti: Adolf Hitler incarnava, per ogni tedesco degno di questo nome, il Genio ed il Destino della Germania, e derivava il suo potere carismatico da una Volontà superiore a quella della sua personalità contingente; un Volere che era quello del Dio della Stirpe e del Völk germanici: Odhinn o Wotan.

Egli stesso esprimeva la certezza d’essere un inviato della Provvidenza, per un evento atteso e sperato da tempo: la rinascita spirituale e materiale della Germania, e la sua liberazione dallo stretto cappio che i plutocrati internazionali avevano intrecciato per questo pericoloso lupo Fenrir, dopo la sconfitta della Ia Guerra Mondiale, e le impossibili condizioni del vergognoso “Trattato di Pace” di Versailles, che riducevano il Paese alla miseria. Certo la provvidenza divina che l’aveva inviato non era quella dello Jahvé ebraico.

Nel 1943 ogni individuo tedesco sa di combattere contro il mondo intero, contro le Potenze dell’Oro di Wall Street e della City, a fianco del suo Führer, Adolf Hitler, in una battaglia che equivale ad un sicuro suicidio. Eppure i tedeschi combattono a milioni in questo scontro titanico, andando incontro alla morte
pur di non rinnegare la loro Fede in sé stessi ed in Lui.

Adolf Hitler non è stato dunque, come suggeriva ai suoi studenti americani Ernst Cassirer, uno spaventoso errore della Storia mondiale, ma il fulgido rifiorire di quella Tedesca ed Europea. Questo reduce dalla disfatta d’un mondo, ora risvegliava la Germania da un sonno drogato durato per secoli. La guerra e la sconfitta del 1918, e gli eventi che n’erano seguiti, avevano dato ai Tedeschi almeno un’assoluta certezza: il vero nemico non era mai stato al fronte, ma aveva operato al sicuro, acquattato all’interno e nelle retrovie, o nei gangli vitali del Paese. I nemici erano i Politici ed i mestatori bolscevichi, tedeschi solo di nome e tutti squisitamente ebrei come Rosa Luxembourg, Karl Liebknecht, Hugo Hause, Gustav Landauer, Leo Jogiches, Eugen Levine, Walter Rathenau, e Mathias
Erzberger.

Alla resa dei conti, le loro morti non furono affatto feroci assassinî attuati da dei truci fanatici dell’estrema destra, come vorrebbe far credere l’attuale storiografia didattica, ma la decisa e letale reazione dei Patrioti tedeschi contro questi traditori alieni, ospiti d’un paese che essi non amavano perché non era il loro, e che volevano consegnare alle orde barbariche dei loro correligionari Sovietici.

Non si trattò dunque di una terribile “discesa verso il Nazismo” ma di una fortunata “Ascesa verso di esso”, fuori dalla stretta dell’ebraismo comunista, e dalla putredine della Repubblica di Weimar, spacciata ancor oggi per momento culminante d’arte e cultura. La vera Rivoluzione, quando giunse, fu proprio quella di Adolf Hitler e dei suoi, che ora spezzavano con la forza dei Freikorps, la morsa e l’arroganza distruttiva dei nemici interni della Germania, ampiamente finanziati da Lenin.

Rinascevano il senso del dovere militare di un Moltke, la consapevolezza del diritto della Germania ad un proprio spazio vitale ad Est, preconizzata da Lagarde, e l’orgoglio della propria razza ariana, fucinato dal Germanen Orden di Ugo von List e di Lebenfels. Ormai la liberazione dei tedeschi dalle catene finanziarie e culturali ebraiche era un dato di fatto, e solo un’altra guerra, più letale e definitiva di quella appena conclusa, avrebbe potuto avere ragione di questi pericolosi “Risvegliati” a sé stessi.

E fu proprio alla guerra, che subito pensarono gli ebrei. La svolta data agli eventi da questa “Rivoluzione Tedesca” che presto poteva diventare “Europea”, fu un incubo ed un disastro per tutti gli Ebrei d’Europa e del mondo. Ne andava dei loro affari! Non si trattava più di un’eruzione cutanea adolescenziale passeggera, ma di uno scoppio d’Ira maturato a lungo, che nessun filosofo idealista o poeta trascendente ebreo poteva più arginare, deviare, evitare o cavalcare. Kant, Heine e Fichte erano finiti fuori corso: pura carta straccia.

Ora il tedesco autentico lasciava le città, disertava i banchi di pegno, le botteghe dei prestiti ad usura, e tornava alle foreste e alle campagne: alle forze geniali e Naturali del suo antico Panteismo germanico. Ora si era davvero pronti a leggere e comprendere il “Mein Kampf” di Hitler, o le tesi di Rosemberg: si era pronti alla lotta per ricostruire ciò che il Giudaismo Cristiano e l’Intellettualismo e lo scientismo Ebraico avevano volontariamente distrutto e guastato.

Nessuna croce patibolare e nessun talismano di moderazione, poteva ormai contrastare questo prepotente risorgere delle divinità ariane e germaniche, capaci d’una limpida ferocia, portata all’estremo limite d’ognuno. l’Uomo tedesco riscopriva con gioia d’essere un perfetto guerriero, capace di un’ira algida ed ascendente come gli impetuosi venti del Nord. La “Barakà” ebraica della “cultura umanistica”, si rivelava un marcio trucchetto da astuti bottegai, e si sgretolava come un vampiro al sole, risolvendosi in una polvere attossicata.

Ora Thor veniva per distruggere, a martellate, anche i covi dei preti e dei rabbini, e quei colpi da fabbro celeste sembrarono a molti un brontolio di tuono; in lontananza. Ben presto, le doglie di quel ritorno degli Dei Germanici avrebbe suscitato un fragore assordante, che avrebbe scosso il mondo.

Mauro Likar

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