domenica 21 marzo 2010

ZION AMERICA


ZION-AMERICA CONTRO L’EUROPA
basato su:
L'Occidente, ancora una volta, contro l'Europa
Di Piero Sella - Numero 32 del 01/04/1991

Esaminando l'intera Questione Orientale, e risalendo alle sue radici
storiche, è possibile capire che le cause essenziali degli attuali e più
prossimi conflitti in Medio Oriente ed in Asia, appartengono tutte
alla moderna storia dell'espansione coloniale Anglo- Ebraica,
considerata a torto un’ epopea coloniale squisitamente Europea.
Alla periferia dell'Impero Ottomano, che alla metà del secolo
scorso è stato condannato dalle “puissances del l’argent” ad un
fatale declino, il mondo arabo appare del tutto inerme di fronte
all'aggressione della più grande potenza mondiale del momento:
l'impero britannico, retto nominalmente dalla Corona Inglese,
e di fatto gestito in proprio dalla Plutocrazia finanziaria ebraica. A

Assunto nel 1875 il controllo del Canale di Suez, e nel 1878 quello
dell'isola di Cipro, gli “inglesi” occupano nel 1882 l'intero Egitto,
ed il Sudan. Il cotone ha la sua importanza!

Negli anni a cavallo del secolo - a protezione della rotta
commerciale di monopolio verso il cotone dell'Impero
indiano e l’oppio delle colonie di Singapore ed Hong Kong
- gli inglesi, si installano saldamente anche in Arabia,
dove occupano Aden, che blocca il mar Rosso.
Ora «proteggono» le loro località petrolifere: strategicamente
e finanziariamente, le più importanti attrattive del Golfo Persico.
È la nuova età del petrolio!

Alla fine del primo conflitto mondiale, la garanzia britannica
di dare l'indipendenza al popolo arabo, sotto la Dinastia
Hascemita, si rivela un miraggio a venire ed una promessa
da rudi marinai anglosassoni, ovvero una menzogna
ben calcolata, con cui, anche grazie al carismatico
Lawrence d’Arabia, si sono spinti gli Arabi alla rivolta
contro i loro correligionari Turchi. Lo smembramento e
la razzia dell'Impero Ottomano, diviene quindi per gli antichi
sudditi della Gran Porta, non la liberazione sperata,
ma un’immane catastrofe. Per gli ebrei “Inglesi” e “Francesi”
è un affare colossale.

I territori che dovevano costituire il Grande Stato Arabo
delimitato dal Mediterraneo, dal Mar Rosso, e dal Golfo
Persico, diventano un bottino che Albione e Marianna
si spartiscono fra loro. Ognuna delle due Potenze Coloniali,
per meglio raggiungere i propri obiettivi d’assoluto controllo e
predominio sulle terre e le popolazioni appena sottomesse,
frantuma senza indugi ogni entità amministrativa preesistente
per funzionale che fosse.

Il criterio che guida questa operazione di puro sciacallaggio e
rapina, è assai semplice: lasciare poche ricchezze e scarse
infrastrutture nelle zone più vaste e densamente popolate,
e puntare alle grandi ricchezze delle risorse naturali,
ovvero del petrolio, presente in territori di limitata
estensione, poco popolati e facilmente controllabili Manu
Militari. È questo, ad esempio, il caso del Kuwait.

Dalla Grande Siria i francesi ritagliano per sé gli attuali
Stati di Siria e Libano, mentre la parte strategicamente
e politicamente più importante, la Palestina, viene invece
agguantata saldamente dai britannici, che l’hanno
promessa segretamente agli Ebrei sionisti ed ai Rothschild,
e che, con questo cuneo inserito tra Mediterraneo e
Mar Rosso, raggiungono anche lo scopo, non secondario,
di spezzare il Continuum etnico e religioso che unisce
l’Islam asiatico e quello africano. Sempre dalla Grande
Siria, viene enucleata anche la provincia petrolifera
di Mossul. I britannici la annettono alla Regione
Mesopotamica, e, con il nome di Iraq se ne fanno
assegnare il Mandato, dalla neonata Società delle Nazioni.

Nella penisola arabica, ad Hussein che già regnava
sull'Hegiaz e sui Luoghi Santi musulmani: la Mecca e
Medina, e che confidando nella lealtà degli occidentali
aveva accettato di battersi a fianco dell’ambiguo
colonnello Lawrence, viene negato ogni diretto compenso.
Ai suoi figli, più facilmente imbrigliabili da una cavezza corta,
vengono affidate due luogotenenze.

Ad Abdullah, nonno dell'attuale re di Giordania, tocca, a nord
dell'Hegiaz di Hussein, ed a sud della Palestina, l'emirato di
Transgiordania: un territorio desertico dal clima disastroso.
A Feisal, che i francesi hanno estromesso con la forza da
Damasco, gli inglesi affidano il ruolo, costituzionalmente assai
incerto, di Re dell'Iraq.

Pur tenendo sotto controllo Abdullah e Feisal, i britannici
temono però - e non a torto - il risentimento di Hussein.
E allora, in quella penisola arabica che già occupano e
«controllano» militarmente, puntano su un docile cavallo
isolato più disposto a farsi montare di quello hascemita.
Le tribù Wahabite di Ibn Saud. vengono così aizzate e
scatenate contro il vecchio alleato.

È proprio il sionismo Rothschildiano - che ha ottenuto
nel 1917 dal ministro degli Esteri inglese Balfour il via
libera alla costituzione di un focolare ebraico, in quella
stessa Palestina già promessa agli arabi, a ritenere c
he la forza della dinastia hascemita sia un pericoloso
ostacoloper i propri piani. Senza la copertura garantitagli
dal padre, ai confini sud dell'emirato, e minacciato
anzi dai sauditi, Abdullah non sarà più in grado
di dare fastidi in Palestina, opponendosi
all’imminente e massiccio insediamento ebraico.

Grazie all'India Office, dominato a Londra ed a Bombay
dagli ebrei, - ebreo è anche il Viceré dell'India Lord
Reading- giungono attraverso il Golfo Persico armi
e denaro per i sauditi. Ad Hussein nessun aiuto arriva
invece da parte dei figli, che sono ormai dei fantocci
mossi dagli stessi burattinai che tirano lo spago ai
Lords britannici.

Cadute dopo un breve assedio la Mecca e Medina,
il vecchio sovrano sarà costretto all'esilio. Finirà i
suoi giorni come un “ricco ospite”, prigioniero
degli inglesi nell'isola di Cipro.
La spinta dei sauditi finisce là dove iniziano gli
interessi dei suoi protettori. Infatti gli inglesi
controllano, nel Golfo, gli attuali Emirati Arabi
Uniti, e soprattutto quel Kuwait in cui si sono
insediati per impedire che la Germania diventasse
il terminale della lunga ferrovia Berlino-Bassora.

Ma, fra le due guerre, anche fuori dal Medio e
Vicino Oriente, il mondo islamico è vittima della
sopraffazione e del calcolo “Plutocratico”.
Il Magreb, con Marocco, Algeria e Tunisia, è una
colonia francese; la Libia è occupata dagli italiani
ed il comunismo sovietico opprime, in modo
davvero feroce, le popolazioni turche dell'Asia centrale.

È doveroso notare che, pur nell'isolamento più
assoluto ed in condizioni di enorme inferiorità,
la Nazione Araba non cede, e rifiuta senza incertezze
l'Ordine Colonialista. La rivolta capeggiata da
Abd el Krim scuote l'Africa settentrionale francese.
In Libia, Omar el Muktar, che finirà impiccato,
tiene per anni in scacco le forze coloniali del Generale
Graziani. Nel Sudan, nel 1924, il governatore inglese
cade vittima di un attentato. In Siria, nell'ottobre
del 1925, la situazione è tale che i francesi si vedono
costretti a bombardare Damasco.

In Palestina la resistenza popolare contro l'occupazione
militare britannica e contro l'immigrazione ebraica che
tende, con la complicità degli inglesi, a snaturare
etnicamente il paese, precede addirittura la concessione
del mandato del1922. In Asia centrale, l'Armata Rossa
reprime nel sangue l'insurrezione islamica guidata da
Enver Pascià, già ministro della guerra dell'impero ottomano.

Gli scontri armati proseguiranno, in quei territori fino
agli anni '30, quando l'azione contro i rivoltosi sarà un
tutt’unoindistinguibile con la prassi del terrore staliniano.
Con lo scoppio del secondo conflitto mondiale, il popolo
islamicointravede la possibilità di scrollarsi di dosso la
dominazione coloniale: gli oppressori, inglesi, francesi,
ebrei, russi, ed olandesi sono alle strette, e l'occasione
d’una rivincita infiamma i cuori, dal Magreb alle Indie
Orientali. L'appello del gran Muftì di Gerusalemme
contro il sionismo, e contro l'ateismo marxista viene
accolto con entusiasmo da migliaia di musulmani, che a
ffluiscono dai loro paesi dominati dagli stranieri, o dalle
regioni già liberate, nei ranghi dell'alleato germanico.

Le popolazioni turche della Crimea, e del Caucaso,
collaborano con Adolf Hitler e, e per questa scelta,
pagheranno un prezzo altissimo. Nello
scacchiere mesopotamico, particolarmente significativa
è la rivolta popolare irachena anti inglese, del 1941.
Scoppiata nell'aprile-maggio, in un momento ritenuto
dagli arabi assai favorevole, dato che le forze dell'Asse sono
penetrate fulmineamente nei Balcani e nel Mediterraneo
orientale, l'insurrezione è destinata all'insuccesso,
per l'impossibilità di ottenere, contro l'efficiente armata
britannica, degli aiuti esterni adeguati. La Wermacht infatti,
è completamente assorbita nei preparativi per l'attacco
all'Unione Sovietica, e solo dopo la conclusione di questa
operazione, lo Stato Maggiore tedesco programmerà una
manovra a tenaglia, che muovendo dal Caucaso
e dall'Egitto, dovrebbe intrappolare le forze inglesi del
Medio Oriente.

Soffocata la rivolta irachena, gli inglesi regolano i conti
con la Siria che si è schierata con la Francia di Vichy, e
dalla quale giungevano considerevoli aiuti al «Quadrato
d'Oro»: l'organizzazione che ha guidato l'insurrezione in
Iraq.

Ripulita la Siria, viene la volta dell'Iran d’essere invaso
congiuntamente, da sovietici ed anglo-americani. Gli Stati
Uniti, ufficialmente neutrali, riforniscono attraverso il Golfo
Persico, di armi e di materiali di ogni genere l'Unione
Sovietica. Lo Scià è deposto e viene deportato in Sud
Africa, mentre i capi religiosi, tra cui l'imam Khomeini,
guidano la resistenza contro lo straniero invasore.

Sarà il fallimento del Reich Hitleriano nell'Operazione
Barbarossa, sul fronte dell'Est, a decidere l’esito del conflitto.
La disfatta tedesca a Stalingrado sancisce la vittoria dei nemici
della Nazione Araba. Ed è proprio in Palestina, cuore geografico
e religioso dell'Islam, che la pace dei vincitori determinal
e conseguenze più nefaste. Alla rinuncia del Mandato, da
parte britannica - un mandato, concesso dalla Società delle
Nazioni sotto la condizione imperativa di portare il paese
all'indipendenza - la soluzione della questione viene demandata
all'ONU. Ora i palestinesi passano dalla padella alla brace!

Infatti, la nuova Organizzazione Internazionale, voluta e
lottizzata a propria misura e vantaggio dai vincitori, ben lungi
dall'essere un’istituzione in cui nazioni uguali e sovrane si
occupano del benessere dei popoli, è in realtà solo il portavoce
ufficiale e la cassa di risonanza degli interessi statunitensi,
ovvero di quel sionismo del quale gli Stati Uniti d'America sono
ormai dimostratamene il braccio secolare.

Ecco allora che l'ONU, proprio nel momento storico in cui il
colonialismo sta per uscire ovunque di scena, fà un’eccezione
davvero incredibile per gli ebrei: il popolo eletto, riconoscendo
loro il diritto, sull’oda emotiva del Grand Guignol di Norimberga,
di installarsi da padrone in casa altrui.

L'ONU, su esplicita pressione statunitense e sovietica, si arroga
- fuord’ogni logica giuridica ed a prescindere dalla sua stessa
carta istituzionale- il potere di negare al popolo palestinese il
diritto all’autodeterminazione, ed inserisce come un chiodo
arrugginito, nella carne viva della Nazione Araba, il corpo
estraneo dello Stato Ebraico. L'ONU decide la spartizione
del paese, ma non vi sarà nessuna spartizione, perché Israele
avrà anche l’estrema l'impudenza di violare quella stessa
risoluzione dell'ONU che l’ha fatta nascere, divorando in
più riprese, la "riserva" destinata dall'ONU al popolo arabo
di Palestina, ed espandendosi poi fuori dai confini del vecchio
mandato britannico: in Siria ed in Libano.

Grazie al diritto di veto sempre esercitato a suo favore dalle
Superpotenze, Israele è riuscito a vanificare, fino ad ora, qualsiasi
protesta internazionale, neutralizzando e riducendo ad un vano
ciarlare tutte le risoluzioni che gli imponevano di andarsene dai
territori illegalmente occupati, ponendo fine alle vessazioni cui
sottoponeva la popolazione locale, privata dei suoi più elementari
diritti.

Nel mondo arabo, la fine dell'occupazione straniera non ha segnato
il raggiungi mento della piena indipendenza; si è anzi determinata,
con l’ingerenza macroscopica degli USA, come potenza egemone nella
regione, una rinnovata e meno esplicita, ma ben più pesante
sudditanza. I confini tra i vari stati sono difatti rimasti quelli che
erano stati fissati dagli inglesi, per ricavarne il massimo profitto
strategico ed economico.
Il mantenimento dello status quo è stato garantito dalla debolezza
della nazione araba, che dal peso della plutocrazia sionista sul mondo
dell'informazione e della politica.

Ogni sforzo della Congrega Occidentale, è stato diretto a congelare
la situazione per esso più vantaggiosa, impedendo ogni modifica agli
equilibri volutamente predisposti.
La riprova è fornita dal caso del Kuwait. La fine del protettorato
britannico nel 1961, non ha segnato il ritorno del Kuwait in seno
alla madrepatria. Gli inglesi, per mantenere il controllo delle sue
risorse petrolifere, e soprattutto per non rinunziare allo
strangolamento geografico dell'Iraq, privato del naturale sbocco
al mare, hanno dichiarato l'indipendenza del Paese, consegnandolo
nelle mani degli Al Sabbah, discendenti di quel Mubarak che
nel 1896, dopo aver ucciso a pistolettate l'emiro suo fratello,
ed avere eliminato un altro fratello a coltellate, si era
insediato al potere, firmando immediatamente con gli inglesi un
protocollo che apriva loro le porte del Paese.

Costituzionalmente, l'indipendenza del Kuwait è il più incredibile
esempio di confusione tra diritto pubblico e diritto privato.
Su quattordici ministri, uno degli ultimi governi kuwaitiani ne
annoverava ben dodici appartenenti alla famiglia degli Al Sabbah.
Per Legge, il Presidente del Consiglio è sempre l'erede al trono:
il figlio dell'emiro.

I popoli arabi attendono ancora ciò che la Carta Atlantica,
l’ampollosa dichiarazione di principio delle democrazie, ha
promesso a tutti i popoli della terra. Il mondo che gli
Stati Uniti ed i loro mentori impongono come modello,
è evidentemente quello delle pure apparenze prive di reale
sostanza; un mondo di legalità senza giustizia, dove la vittima
deve riconoscere al suo carnefice il diritto a fare anche da
gendarme e da giudice.
Una pretesa davvero eccessiva!
Dopo aver portato, con la creazione ed il sostegno dato ad
oltranza di Israele, la violenza ed il caos in casa d'altri, gli
Stati Uniti, in vorrebbero essere riconosciuti, in quella
stessa casa devastata, come garanti del diritto democratico.
Questo inesistente filo logico, ha indotto gli americani
a muovere, per l'ennesima volta in questo secolo, un
esercito d’invasione a migliaia di chilometri da casa loro.

Dietro al Rambo-Robocop americano, dietro al paravento
di una moralità giudaico puritana, che ha ormai insanguinato
tutti i continenti del pianeta, ci sono in realtà, anche stavolta,
degli interessi economici e strategici.
Questi sono in primo luogo quelli del sionismo il quale,
dall'interno stesso degli USA, decide tutte le mosse di questa
grande potenza. Il sionismo ha voluto, con la distruzione
del più forte stato arabo del momento, l’Iraq,
consentire ad Israele di rafforzarsi ulteriormente nei
confronti dei suoi deboli vicini, dandogli dell’altro tempo per
gettare sulla bilancia della Palestina occupata il proprio
sempre maggiore peso demografico.

Che l'utile netto della Guerra del Golfo sia destinato a finire
nei forzieri ebraici, è confermato dal fatto che tutta l'intellighenzia
giudaica della diaspora ha preso le distanze dal movimento pacifista.
Seminare tendenzedisgreganti, disprezzo per le istituzioni militari,
esasperato individualismo, in questo caso, poteva danneggiare la
causa d’ Israele. Ed ecco che gli ebrei d’ogni paese si sono lanciati in
una campagna di grossolana propaganda, menzognera e d’una
violenza inaudita, tale da impedire a chicchessia ogni contrasto con
lo schieramento della coalizione anglo- americano-giudaica.
I pochi esponenti laici o religiosi abbastanza coraggiosi da non
allinearsi al coro, sono stati consegnati senza mezzi termini, alla
pubblica esecrazione.

Ogni ebreo capace di maneggiare una penna, ogni cervello
ebraicoche non fosse leso, sono stati mobilitati per spiegare
quanto fosse giusto, ed addirittura vitale per i futuri destini
della convivenza civile , sacrificare centinaia di migliaia di vite
umane per rimettere sul trono, in una capitale araba che
porta il nome di Kuwait City, un vecchio satrapo
rimbecillito dall’oro nero, le cui rendite parassitarie dovevano
continuare ad affluire nelle floride Banche Ebraiche.

Non vi sono state rubriche giornalistiche o trasmissioni
televisive che non fossero ininterrottamente presidiate dagli
uomini del sionismo.Le opinioni meno ortodosse sono state
puntualmente rintuzzate.
In un clima di minacciosa intolleranza si sono filtrate e
manipolate le notizie, presentando il responsabile di tutta
l'esplosiva situazione nella regione: lo Stato Ebraico, come
una vittima innocente di inesplicabili, vili aggressioni
antisemite.

Né stampa, né autorità centrali o periferiche, civili o
religiose, hanno potuto sottrarsi, all'obbligo di esprimere
la propria sollecita solidarietà ad Israele. Lo stato ebraico,
nel frattempo, ha agito con l'arroganza tipica di chi ha
potenti appoggi, e sa che a lui la legge non può venire
applicata, e che le uniche risoluzioni dell'ONU ad avere
un seguito, saranno quelle votate a suo favore e contro
i suoi avversari.

Questo è stato il clima adatto per rispolverare il
vittimismo ormai collaudato del “Popolo martire” e per
tradurre le proprie recriminazioni in pressanti richieste
di denaro. Sugli interlocutori, è stata scaricata una
valanga di accuse.
In poche settimane la lobby degli Stille, dei Colombo,
dei Levi, dei Mieli, degli Jacchia, dei Pirani, dei Segre,
dei Garribba, dei Molco, dei Mayer, e degli altri mille
giornalisti, corrispondenti, o collaboratori esterni, ha
cancellato con dei trucchi davverro elementari, come
quello di trasmettere in diretta il suono delle sirene
degli allarmi notturni da Tel Aviv - le migliaia di morti
dell'intifada; le sanguinose incursioni dell'aviazione
ebraica sui campi profughi palestinesi, la criminosa
attività del Mossad,ed il duro regime di apartheid
imposto dall'occupante sionista alla popolazione
palestinese.

La guerra del Golfo ha rivelato dunque, il suo carattere
di crociata anglogiudaica, per mettere in riga l'ultimo
nemico del mondialismo, l'Islam.
È una guerra, questa, del tutto estranea agli interessi
dell'Europa e degli europei, i quali vanno in una direzione
diversa: quella dell'unità e della rimozione di ogni residuo
di Yalta. L'Europa non può permettersi di gettare alle ortiche,
per fiancheggiare interessi anglo- statunitensi e giudaici che
non sono i propri, un futuro di pace e di collaborazione con
il mondo arabo, nel Mediterraneo e nel Vicino Oriente.

Gli Stati Uniti, che non vogliono sottrarsi all'abbraccio
vampiresco di Israele, sono disposti a pagare questa loro
scelta sulla pelle degli altri popoli; a qualsiasi prezzo.
Ciò rende la nazione americana un interlocutore
inattendibile. Ogni sua mossa è stata infatti pagata
con sacrifici di sangue e libertà dall'Europa e dal
mondo arabo.

Il visto d’uscita dall'Unione Sovietica per milioni
di ebrei, da trapiantare nei kibbutz in Israele, e
l'assenso di Mosca all'avventura nel Golfo e forse
in Iran, significano il via libera alla repressione.
La Siria è stata tacitata con la svendita del Libano,
a spese di cristiani e palestinesi.

L'Europa ed il mondo arabo sono le vittime designate
del Nuovo Ordine Globale, voluto dal sionismo. Vittime
rese tali dalla complicità di quei politici che nei Paesi
Arabi, in Russia, e nella vecchia Europa, rappresentano
e gestiscono gli interessi del globalismo anglo-giudaico.
La seconda guerra mondiale, scatenata contro l'Europa
agitando lo spauracchio d’una Germania che avrebbe
voluto conquistare il mondo, è finita con l'occupazione
militare del continente europeo da parte di chi
si era premurato di lanciare l'allarme.

Ma spesso, chi grida al ladro! Al ladro!
è il ladro stesso.

La guerra del Golfo, scatenata dagli americani del
Govern d’occupazione Sionista, agitando prima il
timore dell'espansionismo iracheno, ed ora quello
dell’Iran Nucleare, gigantesco Golia che vuole
annientare il povero, piccolo ed innocente Davide,
finirà con il popolo arabo in ginocchio di fronte
ad Israele, con gli “americani” installati in Arabia,
e con l'Europa tagliata fuori dal suo naturale spazio
geo-politico ad oriente.

Ma quello degli Arabi, prove alla mano,
promette d’essere davvero
un bellissimo Olocausto.

Mauro Likar.

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